La radicalizzazione dei maschi
Intervista a Lilybeth Fontanesi, ricercatrice universitaria e psicoterapeuta
Benvenut* alla puntata numero 46 di Pinguleaks, la newsletter di cui non saprai mai in anticipo l’argomento o il giorno in cui arriverà.
In questa newsletter voglio parlare di temi di cui la politica non si occupa abbastanza e di cui noi maschi non parliamo abbastanza (probabilmente le due cose vanno di pari passo), ovvero della misoginia dei maschi e in particolare di come venga amplificata e diffusa nelle comunità Incel e della “manosfera”. Non è una recensione di Adolescence (anche perché non l’ho ancora vista), ma un’intervista a Lilybeth Fontanesi, ricercatrice universitaria e psicoterapeuta, insegna Psicologia della sessualità e Psicologia Forense nell’Università «G. D’Annunzio» di Chieti-Pescara.
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Da dove nasce il termine Incel?
“Il termine INvoluntary CELibacy (celibato involontario) nasce paradossalmente negli anni 90, ed è stato coniato da una blogger di nome Alana. L’obiettivo di Alana era dar vita ad una comunità inclusiva e di sostegno che potesse in qualche modo aiutare chi aveva difficoltà nel costruire relazioni sentimentali o a trovare dei partner sessuali. Avrebbe dovuto essere un luogo sicuro e di sostegno reciproco, ma in breve tempo venne preso di mira da commenti misogini, violenti e razzisti e il progetto di Alana venne definitivamente chiuso nel 2003.
Da lì sono nate una serie di comunità in cui maschi generalmente eterosessuali che non riescono ad avere delle relazioni soddisfacenti si sono ritrovati, protetti dall’anonimato, dallo scarso controllo sulla condivisione di contenuti, creando delle echo chambers in cui le rispettive fragilità vengono condivise e i sentimenti negativi vengono alimentati.
Oltre all’anonimato e alla possibilità di scrivere e condividere contenuti stigmatizzanti e spesso violenti, chi si identifica come incel spesso sperimenta solitudine, timidezza, difficoltà relazionali, ansia sociale e sintomi interiorizzanti, dove l’online rappresenta l’unico spazio in cui trovare supporto e comprensione.
Tuttavia, una definizione unica e completa del fenomeno è impossibile, data la natura soggettiva del celibato involontario. Secondo alcuni autori, gli incel autodichiarati hanno abbracciato e integrato la propria definizione di filosofia incel nel loro senso di sé.
Una cosa che va sottolineata è che le persone che si definiscono Incel non sono così tante come possiamo immaginare, ma sono molte le persone che condividono le medesime credenze, esperienze e condizione e che “sono” Incel senza saperlo. Bisogna distinguere gli Incel da i “redpillati” (coloro che credono in una visione del mondo basata sull’odio verso il femminismo e ogni istanza progressista) e i “blackpillati” (quelli disposti a commettere omicidi e stragi per restaurare il dominio patriarcale) spesso sono un insieme che si interseca, ma non necessariamente chi si definisce Incel abbraccia le stesse ideologie o le stesse metodologie violente. Gli Incel sono spesso giovani, tra i 13 e i 30 anni al massimo. Diverso è per i redpill, che magari sono persone più adulte, sposate e con figli”.
Ci sono dei “leader” in questi mondi?
“Gli Incel Redpill abbracciano la teoria secondo cui la società è organizzata secondo una gerarchia molto specifica, basata sulla teoria evoluzionistica secondo cui le donne scelgono i loro partner in base alla “Look Money Status” (teoria LMS), coniata da Bob Trivers negli anni 70, uno dei più influenti biologi evoluzionisti. Quindi potremmo dire che Trivers, potrebbe essere visto come il primo “leader”, anche se i suoi studi sono stati piuttosto travisati. In realtà uno dei più influenti è sicuramente Jordan Peterson, uno psicologo che ha portato queste teorie nel mainstream, con modalità piuttosto discutibili.
In effetti, in termini puramente evoluzionistici, le donne scelgono i loro partner in base a preferenze a breve e a lungo termine, da cui si sono evolute le strategie sessuali “cad” e “dad”. Ma, secondo questa teoria, l'attrattiva fisica (soprattutto i segni di “buona salute”, come denti perfetti, spalle larghe e capelli folti) e anche l'intelligenza, la gentilezza, l’ironia e umorismo (caratteristiche che possono garantire uno status sociale elevato o contribuire al successo economico) sono piuttosto importanti nelle preferenze di accoppiamento delle donne. Invece, nella manosphere e nell’Inceldom queste teorie si mescolano a narrazioni personali, doppi standard sessuali, atteggiamenti sessisti e misogini, perdendo di vista il fatto che c’è una enorme componente relazionale e personale e che le teorie non sono una “sentenza”.
È necessario anche citare il manifesto di Elliot Rodger, che nel 2014 ha ucciso 6 persone e sé stesso, un vero manifesto della sofferenza e dell’odio Incel.
In Italia penso che uno dei più influenti sia il “redpillatore” che gestisce l’omonimo sito/pagina facebook e che ha decine di migliaia di proseliti, giocando tra pseudoscienza e meme”.
Qual è la situazione in Italia? C’è già un movimento consolidato?
“In Italia esistono diverse comunità, tra cui il forum dei brutti, il forum degli incel, la pagina del redpillatore, le “università redpill”, che raccolgono davvero tantissimi utenti, tra incel, redpillati, blackpillati o semplici simpatizzanti, che sostengono le teorie misogine e violente promosse da alcune di queste comunità.
Quindi possiamo pensare che più che un movimento, sia una vera e propria subcultura che si sta allargando a macchia d’olio, soprattutto grazie ai social e alla polarizzazione (frutto dell’immaturità, dell’incapacità di regolare le emozioni, tollerare la frustrazione e comprendere la complessità del mondo e delle relazioni) di maschi vs femmine.
Al di là della violenza, la conseguenza peggiore è generare uno stato di terrore e paura costante nel genere femminile, che risponde o con chiusura o con altrettanta violenza verbale e non solo. Questo rende ancora più complicate e inaffrontabili le relazioni, alimentando un circolo vizioso in cui a farne le spese sono comunque sempre gli stessi Incel.
La politica come intende occuparsi del problema? Temo ci siano già partiti che vogliano invece promuovere e difendere queste persone, anche se non ufficiosamente.
“L’Unione Europea nel 2021 ha prodotto un documento invitando ricercatori di diverse discipline ad affrontare il fenomeno da un punto di vista scientifico. Perché sebbene gli incel siano maschi con molte fragilità (tant’è che in alcune comunità una delle tematiche più comuni è il suicidio), le comunità di redpilled e blackpilled sono terreno fertile per i sostenitori di politiche estremiste, quindi non si parla più di uomini che odiano le donne o non riescono ad avere una relazione romantica e/o sessuale soddisfacente, bensì di gruppi d’odio.
Ad esempio, il “pill jargon” ovvero tutto il linguaggio tipico di queste comunità, è ampiamente utilizzato nei blog degli “attivisti per i diritti degli uomini” (MRA), nelle comunità dell'Alt-Right e in generale in tutta la manosfera.
Uno dei principi fondamentali della manosfera è la centralità dei diritti degli uomini e la convinzione che il femminismo sia pericoloso per il ruolo sociale degli uomini. Secondo le loro convinzioni, l'emancipazione femminile ha contribuito al collasso della società occidentale e, di conseguenza, gli uomini hanno il pieno diritto di vendicarsi di questa cultura ormai troppo incentrata sul concetto di misandria, di proteggerne la sopravvivenza e di ristabilire una forma di suprematismo maschile.
A questo si accostano le politiche razziste, utilizzando la sessualità e la denatalità (di cui la responsabilità è addossata alle donne lavoratrici), come strumento per “manipolare” l’opinione verso politiche di estrema destra, conservatrici e protettrici (almeno ideologicamente) della supremazia maschile”.
La normalizzazione dell’utilizzo del loro linguaggio anche fuori dai loro forum rischia di far crescere il numero di uomini che si uniscono ai gruppi di Incel?
“Il problema non è chi si definisce incel o redpill, il problema, che emerge anche dalle ricerche fatte in Italia, è che moltissimi uomini si riconoscono nelle distorsioni cognitive core del movimento Incel.
L’idea diffusa è che il femminismo sia una piaga, che gli uomini siano sempre più vittime della manipolazione femminile, che le donne siano privilegiate e che escludano potenziali partner solo perché ritenuti “fisicamente sgradevoli”. Ci sono purtroppo, come ci mostrano le ricerche, moltissimi uomini che condividono questa ideologia senza conoscerne il linguaggio specifico (e menomale).
Sono gli aspetti psicologici quelli che maggiormente caratterizzano gli Incel, sono persone che si sentono fallite, emarginate e molto arrabbiate e risentite. Mostrano tratti paranoidei e incapacità di regolare le proprie emozioni, di gestire la sofferenza, il rifiuto. E quando la frustrazione diventa insostenibile può generare violenza, sia online che offline.
Che rapporto hanno questi ragazzi con le proprie madri o con le donne che conoscono nel mondo reale?
Rispetto alle madri ti posso dire che le ricerche mostrano che hanno un attaccamento ansioso/evitante, quindi un pattern di relazioni che vede il caregiver svalutante, non adeguatamente attento e responsivo nei confronti dei bisogni dei figli. Tuttavia, credo che il problema sia maggiormente nei confronti del modello di relazioni che è stato introiettato, quindi possiamo ipotizzare genitori che hanno proposto un modello di coppia poco affettuoso, poco caloroso, altamente sbilanciato con problematiche di potere e controllo (non necessariamente tutto sul padre). Ma sono congetture basate su alcuni (ancora pochi per poter generalizzare) studi. Se mi dovessi sbilanciare rispetto al rapporto con le donne, direi che è inesistente, stereotipato e caratterizzato da estrema preoccupazione o evitamento. Ma questo te lo dirò quando analizzerò i dati della mia attuale ricerca!
- Ci sono persone che ne sono uscite “bene” da questi gruppi? Quali sono possibili soluzioni per affrontare il fenomeno? L’educazione sessuale e all’affettività potrebbe essere importante in questo senso?
“Il podcast di Beatrice Petrella “Oltre. Uomini che odiano le donne” parte proprio con la testimonianza di qualcuno che ne è “uscito”. Io faccio la psicologa e la ricercatrice, per me che non sono un giudice, un agente o un politico, la violenza nasce da una condizione di disagio in primis in chi la applica.
Lavorando per diverso tempo in carcere ho potuto osservare che non nasci cattivo, che il male esiste e che a volte si sceglie di agire il male, e le motivazioni (NON LE GIUSTIFICAZIONI, perché non ce ne sono), sono tantissime e tutte individuabili in una serie di fattori, familiari, sociali, relazionali, a volte anche biologici.
Per questo sono convinta che gli studi sui maschi incel, redpill, blackpill, sugli uomini violenti in generale, siano necessari per capire quali fattori li accomunano e come prendercene cura. Il mio lavoro è sempre stato guidato dall’idea che finchè ci sarà un carnefice ci sarà una vittima.
Gli uomini faticano a venire in terapia, faticano a chiedere aiuto, ridicolizzano il lavoro dello psicologo, ma anche perché vorrebbe dire ammettere di essere fragili e prendersi la responsabilità del proprio cambiamento.
Sebbene il trattamento possa essere un aiuto, io credo che l’educazione all’affettività e alla sessualità sia uno strumento di prevenzione molto forte.
Questi programmi non sono solo incentrati sulla prevenzione delle malattie sessualmente trasmissibili o sull’informazione in ambito sessuologico. Si parla di riconoscimento delle emozioni, proprie e dell’altro, si promuove lo sviluppo dell’intelligenza emotiva e di abilità comunicative che ci permettono di sviluppare consapevolezza e assertività. Si educa al consenso, a come chiederlo, a come darlo, a come negarlo.
Si analizzano gli effetti emotivi del rifiuto e si insegnano il rispetto e l’accettazione. In questo modo si promuovono l’autostima e la capacità di tollerare la sofferenza. Il punto non è “la sessualità” il punto focale è che aiutare i piccoli esseri umani a crescere consapevoli, rispettosi dei propri e altrui spazi fisici emotivi, imparare a darsi valore, rispettando i propri bisogni e quelli degli altri, è fondamentale per creare adulti sicuri di sé e resilienti.
Questo processo di formazione e di crescita positivo ha ricadute su tutti gli ambiti della vita dell’individuo, permette di riconoscere quando si viene abusati (per esempio sul lavoro), di chiedere aiuto nelle situazioni di difficoltà, di essere efficaci nelle relazioni. E questo sia per le femmine che per i maschi, senza distinzione di genere, etnia, provenienza, estrazione socio-culturale”.
Alla prossima!
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